Io sono Dio

Abbastanza luce per credere… Abbastanza buio per dubitare

Cara Unità

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Era il 12 febbraio. 90 anni fa, Antonio Gramsci, fondava “l’Unità”. Un giornale di sinistra. Il giornale della sinistra. Il suo nome era “l’Unità – Quotidiano degli operai e dei contadini“. Il suo nome per niente scelto a caso.

Nella lettera in cui si sanciva la nasciata del giornale, il 12 settembre del 1923, Antonio Gramsci battezzava la sua creatura con la seguente giustificazione: “Il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito. Dovrà essere un giornale di sinistra. Io propongo come titolo l’Unità puro e semplice che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale“.

Nasce praticamente insieme al ventennio. Nasce contemporaneamente alla manifestazione di scompensi psichici di Mussolini. Resta un giornale di sinistra per sempre, per lo meno, fino a quando l’Italia avrà una sinistra, cosa che forse comincia a cessare l’11 giugno del 1984.

Oggi l’Unità (il giornale) piange. Piange solo lei però. E parla di democrazia, come se ne conoscesse il significato. Parla di lutto della democrazia, quella stessa democrazia che anche l’Unità ha contribuito ad uccidere.

Oggi l’Unità annuncia la chiusure dei battenti (i suoi) dal prossimo 31 Luglio… da domani.

Era ora, aggiungerei. Daltronde se nasci come quotidiano degli operai e dei contadini, cosa speri di rimanere in vita ancora oggi? Ti sei dimenticata di operai e contadini per rimanere al soldo dei poltronai che almeno ti assicuravano annualmente soldi pubblici provenienti da finanziamenti all’editoria, cosa tutta italiana, con i quali sei riuscita a rimanere a galla.

Adesso è inutile appellarsi ai tweet del presidente del consiglio che diceva #iostoconlunita… questo è il giusto prezzo che deve pagare un giornale (e tutti i suoi dipendenti) che si è sempre venduto a chi comanda senza mai fare vera informazione.

Combattere berlusconi ieri e appoggiare berlusconi oggi per questioni di comodo.

Perciò, carà Unità, la speranza è che la tua chiusura sia solo la prima di una lunga serie che ci ha portato vergognosamente al 57° posto, nel 2013, nella classifica mondiale della libertà di stampa.

Addio cara Unità. R.I.P. noi faremo meglio senza di te.

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