Tagli, ridimensionamenti, accorpamenti, mobilità, pensionamenti la riforma dello strumento militare e l’ascia della spending review si fanno sentire nel pubblico impiego e soprattutto nel comparto della Difesa. In questi giorni anche il servizio sanitario militare è soggetto a un razionamento e circa trecento dipendenti civili saranno coinvolti. C’è un comparto che sembra immune ed è l’Ordinariato militare: i cappellani militari. Una veste talare con due stellette appuntate sul colletto con gradi, stipendio e indennità. I preti-soldato impegnati nel servizio pastorale fra i militari nelle caserme, navi da guerra e nei contingenti impegnati nelle cosiddette “missioni di pace”.
La spesa da parte dello Stato è di oltre 10 milioni di euro l’anno ed è una cifra che non comprende le pensioni.
L’ordinario militare è designato dal papa e nominato dal presidente della Repubblica in accordo con il presidente del Consiglio e dei ministri della Difesa e dell’Interno. Indossa le stellette e il salario di un generale di corpo d’armata: oltre 9mila euro al mese (lordi). Tutti gli altri cappellani, attualmente 182, sono inquadrati con i diversi gradi della gerarchia militare: il vicario generale è generale di brigata (6mila euro di stipendio); l’ispettore, il vicario episcopale, il cancelliere e l’economo sono tenenti colonnello (5mila euro); il primo cappellano capo è un maggiore (fra i 3 e i 4mila euro); il cappellano capo è capitano (3mila), il cappellano semplice ha il grado di tenente (2mila e 500).
Ma non sono solo i cappellani militari a gravare sulle nostre tasche. Ad esempio a Treviso, quattro sacerdoti – assunti come infermieri veri e propri – per dare assistenza spirituale ai pazienti del Ca’ Foncello – all’ULSS (Unità Locale Socio Sanitaria) costano quasi 10 mila euro al mese.
Se poi pensiamo che grazie ai Patti Laterensi – Concordato la Chiesa annualmente costa allo Stato italiano € 6.312.431.752 (dati inchiesta UAAR) non resta che chiederci il perché dei 7.400 posti letto tagliati nella sanità e la minaccia dei riscaldamenti spenti nelle scuole pubbliche (non private) dei nostri figli. (FG)